17 dicembre 2015

Alla scoperta del Barolo, e non solo ….weekend nelle Langhe

Alla scoperta del Barolo, e non solo ….weekend nelle Langhe

Inizia il viaggio 

Ciabot Berton: Fuochi di artificio in Langa
(Ci vuole pure qualcosa che faccia luce tra il “nebbiolo” di questa stagione)

A due passi da La Morra, nella frazione Santa Maria, in faccia al cru San Biagio su cui la famiglia Oberto acquistò i primi 2ha di vigna coltivata a nebbiolo. Piccola azienda familiare dove ci accoglie la moglie del proprietario, Federica, gentilissima e prodiga di informazioni.

Una breve storia

La cantina, ricca di storia dal 1800, inizia la sua vita attuale imbottigliando le prime annate di Barolo nel 1961. La curiosità sul nome è la prima domanda che pongo e la risposta immediata, CIABOT in dialetto è la piccola casa degli attrezzi dove chi lavorava in vigna riponeva le cose e veniva utilizzata anche per riposare, BERTON era il dirimpettaio dell’azienda, che si dilettava nella costruzione di fuochi d’artificio che esplodendo distrussero la casa i cui ruderi sono ancora visibili.
In origine, il loro Barolo si chiamava col nome del nonno, Oberto Luigi e ci sono in bella vista alcune bottiglie perfettamente conservate con l’etichetta storica. Ci spiegano che più volte hanno pensato di tornare a utilizzarla, magari ammodernandola un po’, ma per adesso è rimasto solo un’idea. Le vigne si trovano tutte nei prestigiosi cru storici di La Morra: Roggeri, San Biagio, Rive, Cappallotti, Pria e Rocchettevino, sul versante che guarda verso Alba.

La nostra visita

Iniziamo la visita proprio dalla cantina e dalle grandi vasche in cemento vetrificato come da tradizione della zona con cui ancora oggi si svolge tutta la prima parte della vinificazione fino agli affinamenti rigorosamente in botti grandi di rovere di slavonia. Una volta svinato dopo la fermentazione il barolo viene travasato in contenitori di acciaio insieme alle sue bucce, il cappello steccato e immerso dove rimane 60gg per far si di donare buona morbidezza al vino prima di passare definitivamente al legno.
Ogni zona viene vinificata separatamente per mantenere le caratteristiche uniche e riscontrabili di ciascuna. 100 metri di distanza tra i filari in Roggeri e quelli di Rocchettevino donano 2 vini con caratteristiche molto diverse tra loro.


 

Le degustazioni in breve

FisettaBarbera d’Alba 2014, le Fisette sono i lapilli dei fuochi di artificio in onore del sig. Berton e dei suoi fuochi. Vinifica e affina solo in acciaio, grande freschezza, un po spigoloso come si addice a una Barbera, profumatissimo di frutta rossa, poca struttura, vegetale di erba verde tagliata, un po' corto ma di facile beva.
RutuinDolcetta d’Alba 2013, il nome è la forma dialettale della zona Rocchettevino, frutto rosso intenso, tannicità contenuta rispetto alla sua varietà, morbido al palato, spiccate note balsamiche, mentolato e ricco di erbe aromatiche
Bricco San Biagio Barbera d’Alba 2013, una Barbera importante, golosa, vigna di 50 anni e più, una grandissima ciliegia in confettura che riempie naso e bocca, si distingue per un buon equilibrio non comune in questa tipologia, corpo e struttura che suggeriscono buone possibilità di evoluzione in bottiglia.
3 Utin Langhe Nebbiolo 2013, uve provenienti dai filari più giovani del nebbiolo con cui si produce il barolo, colore molto scarico ma limpido, molto luminoso. Tannini importanti ma finissimi, morbidi, godibili da subito, appena aperto una leggera riduzione di cui però si libera subito per lasciare spazio a un ampio floreale di rose canine, una bella prugna non troppo matura e una discreta speziatura.
Barolo 2010, senza indicazione di zona è realizzato unendo le uve di tre cru dell’azienda, San Biagio, Roggeri e Rive. Questo è il barolo con cui in ogni annata si cerca di mantenere un impronta tipica della cantina andando ad aggiustare nel blend le caratteristiche di ciascuno dei tre vini e assecondarlo al gusto dei clienti esteri. Ottima beva immediata, si distingue per una morbidezza, eleganza e immediatezza. Viole e rose, tanto balsamico di erbe aromatiche dove la menta ha ancora il sopravvento, minerale e sapido, tannini finissimi, gustosi, lunga persistenza.
Barolo Rocchettevino 2010, Il barolo più austero della cantina,  un carattere forte e tannini importanti, per durare a lungo, duro da giovane, luminoso e vivo, profumi intensi di fiori, le violette di campo, la prugna, le spezie e una buona mineralità dono del terreno di questa parcella. Tra qualche anno darà grandi soddisfazioni.
Barolo Roggeri 2010, un'estrazione importante che si ritrova nel colore più profondo degli altri e nel corpo, eleganza e grande morbidezza, sorso rotondo e ampio, naso ammaliante di fiori secchi, prugne e spezie, tannini finissimi e setosi. Anche in questo caso il lavoro fatto in cantina permette di approcciare un ottimo barolo subito e senza indugio.

Ma la piemontesina?

Alla fine rimane il piacere di una bella mattinata che nonostante la nebbia iniziale ha svoltato grazie alla gentilezza e disponibilità del vignaiolo e all’estrema eleganza e piacevolezza dei vini che produce. Una curiosità, dopo aver letto della “piemontesina” in un precedente articolo ho iniziato a chiedere per cercare di approfondire, ma come terminologia è sconosciuta almeno in questa cantina anche se il processo descritto della prima fase di affinamento assomiglia molto a quello di cui ci avevano parlato a Radda. Vedremo nelle prossime cantine.

La seconda cantina

La forza della semplicità : Guido Porro

Avevo sentito i suoi vini durante le ultime degustazioni delle guide dove ottiene riconoscimenti (vino Slow 2016) e ne ero rimasto veramente impressionato dalla pulizia, dalla morbidezza e dalla semplicità con cui si riusciva a bere una giovane annata, la 2011 di un produttore tradizionale e avevo deciso di andare a visitarlo. Nessun problema per fissare l’appuntamento confermato dallo stesso Guido. Arriviamo a Serralunga dopo un meraviglioso pranzo a base di tartufi che accompagnavano una battuta di Fassona, i tipici porri su letto di fonduta e gli immancabili tajarin. a strada che arriva a Serralunga è dominata dal castello austero, altissimo che si staglia nel cielo nebbioso e ci accorgiamo subito che l’azienda di Guido ha uno dei suoi vigneti immediatamente sotto il castello, quasi a servirlo e a farsi proteggere. 

La nostra visita

L’azienda è familiare, piccola, e troviamo ad attenderci il babbo di Guido un signore semplice, con un cappello di lana calzato in testa un po storto ma che non stona, con l’espressione chiara di chi il vino lo cura in vigna e non dietro una scrivania. Si vede che è nato e cresciuto in vigna e porta con se, col suo volto, col suo aspetto, tutta la storia e l’esperienza di 5 generazioni di vignaioli che producono su queste terre. All’inizio quasi diffidente, sembra tenere un po le distanze, ci studia, ma pian piano si apre, si siede con noi, inizia a parlare dei suoi vini e sopratutto delle sue vigne dei cru di cui va orgoglioso, dal famoso Lazzarito all’ultimo arrivato Giannetto, della sua vita, della fatica e del fastidio della burocrazia che gli fa perdere tempo. Poche etichette, 3 varietà Dolcetto, Barbera ma soprattutto Nebbiolo che viene usato sia per il Nebbiolo che per il Barolo. In cantina si lavora in modo semplice e tradizionale, vasconi di cemento vetrificato e botte in rovere di slavonia grande, poche barrique stazionano qua e la per la cantina, visibilmente vecchie di chissà quanti passaggi. La cantina, anche questa, è semplice ma ordinata, pulita, funzionale alle 40000 bottiglie totali prodotte.

Degustando i vini il confronto nasce spontaneo

I vini cambiano completamente aromi rispetto a quello che avevamo sentito la mattina da Ciabot Berton a La Morra, la speziatura prende il sopravvento e fa da collante tra il frutto e le note balsamiche più leggere. La cannella e i chiodi di garofano si uniscono a prugne e viole in un modo tanto semplice quanto elegante e ancora una volta la trama tannica è così piacevole e gustosa da chiamare il sorso successivo. La seconda cantina nello stesso giorno che sta demolendo le mie convinzioni su quanto un barolo giovane sia austero e difficile da bere. Il Nebbiolo è fatto con le stesse uve del Barolo solo macerate e affinate più brevemente ma che portano con se tutte le caratteristiche aromatiche del fratello maggiore. 

Lo stesso dolcetto che spesso prende aspetti duri e spigolosi riesce qui a farsi bere con piacere, “è il vino da bere tutti i giorni a tavola” e non può essere sgraziato. Facile a dirsi, un po meno a farsi. La Barbera d’Alba “quella buona” della vigna Santa Caterina è finita e quindi ripieghiamo sulla versione base che dimostra la suà tipicità con un corpo medio e una freschezza viva, croccante e golosa. Incredibile il Barolo Giannetto, vigne che nel 2011 erano appena entrate in produzione già capaci di donare un vino tutt’altro che acerbo con un bagaglio aromatico avvolgente di fiori e frutta e già con un buon patrimonio fenolico e una freschezza che ben si bilancia facendolo scorrere rotondo e ampio in bocca. Selvi dei tre sentiti è il barolo più morbido, Lazzairasco il più complesso e elegante. 

All’imbrunire, Barolo ci aspetta (come se non si fosse già bevuto abbastanza)

Dalla diffidenza iniziale sono passate due ore senza accorgersene e nel frattempo anche Guido si era unito a noi nella descrizione dei vini e del loro lavoro. Una famiglia che trasmette col lavoro il proprio carattere al vino, forte ma non prepotente, di grande carattere sicuramente distintivo, non banale, che una volta aperto dimostra tutta la sua eleganza e morbidezza.
Uno sguardo alla finestra ed è arrivato l’imbrunire ed è l’ora di ripartire, ma non senza prendere un po di queste eccellenti bottiglie, una tappa veloce a Barolo per fare due passi e visitare da fuori il borgo e il castello prima di ritornare in albergo contenti della giornata e col baule dell’auto carico di vino.

L’epilogo

La gentilezza fuori dal tempo : Cantina del Glicine

Combattendo la nebbia sulla strada verso Neive...

Arriviamo a Neive dopo un viaggio nella nebbia fitta e il borgo antico si mostra ammaliante dei suoi angoli nascosti rimasti in solitudine quasi fuori dal tempo. La cantina è subito all’ingresso del paese, da fuori sembra una delle tante case antiche del borgo, semplice, riservata, che non fa niente per mettersi in evidenza, fuori un cortile con un pozzo antico che poi scopriremo essere del 1600, successivo di poco alla cantina del 1582, unica nel suo genere è l’unica che ancora lavora perfettamente. La signora Adriana ci aspettava e siamo stati fortunati perchè da li a poco arriveranno gruppi di visitatori e sarebbe stato difficile riuscire a visitare la cantina in solitudine guidati dai racconti gentili e competenti. Con la signora Adriana mi ero già intrattenuto due volte al Vinitaly dove il ricordo dei vini si univa chiaro a quello di una persona gentile e educata, cortese, ma mai mi sarei potuto immaginare di quanto si sarebbe perfettamente integrata nella cornice di questa meravigliosa cantina storica. L’architettura è strabiliante, i muri a mattoni rossi sono ricoperti di muffe vive, molli, ma non c’è un solo odore che possa turbare il riposo dei vini, l’aria scorre perfettamente e mantiene la temperatura costante estate e inverno con un tasso di umidità sempre oltre l’80%. In fondo una cisterna interrata che raccoglie l’acqua che filtra da “camini” posti sul soffitto per favorire la circolazione dell’aria e viene utilizzata per l’irrigazione dell’orto e del giardino. 

Anche qui le pratiche di cantina sono quelle classiche fatte da vasconi in cemento vetrificato e botti grandi in rovere di slavonia, qualche barrique di tostatura media per equilibrare il barbaresco e contenitori in acciao per l’Arneis che deve mantenere i suoi profumi intensi di fiori e frutta. la maggior parte delle uve viene da Neive ma la cantina dispone anche di vigne nel Roero per la produzione della Barbera d’Alba superiore, “La Sconsolata” perché ha perso il 15% del suo vino per fare spazio a del Nebbiolo che aiuterà a conferire morbidezza e profumi complessi, ammorbidendo l’acidità tipica di questo vitigno. 

Vino, nocciole e formaggi di langa

Arrivando alla degustazione ci aspetta un meraviglioso tagliere di formaggi della zona, una toma fresca, una di media stagionatura, un grana padano di 24 mesi e un Blu fantastico per morbidezza e carica aromatica e….grande sorpresa… un piatto di nocciole “perchè l’Arneis si gusta con le nocciole” un bianco da 13% con una bocca ampia e rotonda, ben equilibrato e ricco di profumi di sambuco, pesca e melone che effettivamente si sposano a meraviglia con le nocciole, potenza degli abbinamenti territoriali. Si scorre man mano per Dolcetto con profumi delicati di spezie e Nebbiolo d’Alba caratterizzato da un grande sottobosco e tannini morbidi. La Sconsolata è quasi come un figlio nei racconti della madre, che viene esaltato a ragione nel suo blend non convenzionale che produce un risultato veramente apprezzabile in termini di equilibrio e complessità. 

Ma quando arriva il Currà?

Finalmente i tre Barbaresco giusto in tempo prima dell’arrivo delle tante persone in visita e il tagliere dei formaggi diventa nostro fido compagno di gusto. Per primo il Vignesparse, ancora un blend di tre zone, nato per accondiscendere al mercato estero, morbido e facile da bere subito, senza troppe preoccupazioni, segue Marcorino reduce dai premi ricevuti di recente, con grandi profumi di spezie morbide e tabacco, fiori secchi e un bel balsamico di menta selvatica “che cresce in grandi quantità in vigna”, un pó duro, talvolta spigoloso nei sui tannini che asciugano la bocca, si sposa a meraviglia con il Blu, pulendo la bocca e integrando le note balsamiche e speziate del vino con le muffe dell’erborinato, goduria allo stato puro! Il Currà non ha bisogno di presentazione, un barbaresco che fa della finezza, dell’eleganza e della morbidezza i suoi cavalli di battaglia, ammaliante come le volte precedenti che lo avevo sentito, tanto da convincermi a prendere una delle pochissime bottiglie premiate del 2010 rimaste insieme all’ultima annata in commercio, la 2011.

Grappa e acquavite non possono mancare in Piemonte, ma occhio al profumo!

Visto che il corso ANAG non sono ancora riuscito a completarlo, dulcis in fundo i distillati, ciascuna vinaccia di ogni singolo vino viene conferita al distillatore per ottenere grappe monovarietali di Arneis, di Barbaresco, di Barbera e di Nebbiolo e una fantastica acquavite di uva di moscato che oltre ai profumi del muschio bianco porta in bocca una leggera percezione di dolcezza che rimane lunga e piacevole nel finale di bocca. E’ interessante riscoprire i profumi eleganti dei vini del loro distillato. Ripartiamo alla fine quando oramai i locali della cantina sono invasi da visitatori tra cui un gruppo di ragazzi così improfumati da essere ripresi quasi come “molesti”  in modo severo dalla signora Adriana, difficile da credere tanto la gentilezza e l’educazione la caratterizzano. Era evidentemente insopportabile che i profumi fini dei vini venissero “disturbati” da aromi estranei così intensi. 

Enoteche regionali, l’importanza di un territorio da valorizzare

La mostra permanente di tutti i viticoltori della denominazione dove si trovano, un modo semplice di degustare del vino e di acquistare bottiglie di cantine che non si riescono a visitare. Un salto veloce all’enoteca regionale a Barbaresco è l’occasione per visitare il paese e per prendere due bottiglie, Moccagatta e Oddero, di buon auspicio per riuscire in futuro a tornare da queste parti.
Ottimi cibi e grandissimi vini fanno delle langhe un patrimonio incommensurabile per chiunque goda dei gusti dei formaggi, dei porri, della fassona, del tartufo, delle nocciole, delle guancette d’asino e dell’immancabile vino che sia Dolcetto, Barbera, Nebbiolo, Barolo o Barbaresco. La nebbia ci è stata compagna forse non piacevole ma sicuramente parte integrante del territorio.

Quasi, quasi dimenticavo “la Piemontesina”....niente da fare, non la conosce nessuno da queste parti! 

In casa Porro sorridevano e avranno pensato “ma guarda questo Toscano che viene in langa a farci la supercazzola” e la signora Adriana mi ha guardato come un marziano appena sbarcato di cui si sentono suoni ma non si capisce il significato. Pazienza rimarrò col dubbio e con una domanda da fare la prossima volta che andrò a Val delle Corti.

Aldo Mussio
Aldo Mussio

Wine Lover and Champagne addicted. Da tutta la vita si destreggia e sopravvive tra hardware e software di tutte le specie, che sono poi la sua vita imprenditoriale. Ha trovato rifugio nel mondo del vino in tutte le sue declinazioni ludiche e si distrae in vari ambienti “social”.

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