5 aprile 2016

Stefano Amerighi e “la sua” Syrah

Stefano Amerighi e “la sua” Syrah

Ci vuole un ambiente molto caloroso, quello di Stefania ed Alessio della Porta del Chianti di Figline, per accogliere un uomo caloroso come Stefano Amerighi, che sprizza passione da tutti i pori, specialmente quando parla della “sua” syrah: un’uva che assomiglia un po’ ad un pinot nero in piccolo. Gli acini hanno la buccia sottile, le piante devono avere i piedi appoggiati sul fresco e non devono soffrire molto lo stress idirico. La definisce, amorevolmente, certo, una pianta un po’ stupida in quanto, mentre altri vitigni reagiscono abbastanza rapidamente alle eventuali intemperie, lei, la syrah, fa un po’ la “cicala” facendo finta che le avversità non la tocchino minimamente, approfittando di tutta la sua vitalità per poi, magari, trovarsi dall’oggi all’indomani completamente a terra. 
Inoltre, nonostante sia un vitigno che ha nella sua essenza la ricerca dell’eleganza, si presta ad essere, tuttavia,  molto generoso e ad “aprirsi” un po’ troppo, per cui bisogna cercare di riportarlo all’austerità, “asciugarlo” giocando con gli affinamenti. 

Il progetto biodinamico

Il progetto biodinamico di Stefano Amerighi è iniziato con un corso di biodinamica alla fattoria La Vialla, a Castiglion Fibocchi (Ar) 13 anni fa. Lo affascina una visione generale e non particolare dell’agricoltura biodinamica. La sua è una visione olistica: non è importante la pianta, ma l’organismo intero della struttura agricola, come per un corpo umano crede che ci si debba occupare non della singola malattia ma dell’intero sistema immunitario. Ecco perché per lui non esiste un vino biodinamico, in quanto per biodinamico si intende un processo, cioé l’insieme suolo+pianta+azienda agricola.

Quando si lavora nella totale naturalità, ci dice, il nemico più grande è la micro biologia, ad esempio il brett, questo lievito che dà il tipico sentore di sella di cavallo bagnata che, non lavorando con l’anidride solforosa, segna drasticamente certe bottiglie e ne altera la produzione. Ecco perché con questo tipo di sistema bisogna far fronte a molte perdite. Non bisogna spacciare i vini difettosi per vini naturali.

I suoi sistemi di allevamento, come le sue tecniche di vinificazione ed affinamento, sono una continua ricerca ad un’armonia e ad un equilibrio con la natura. Oltre ai sistemi di allevamento più classici come guyot, cordone speronato e cordone doppio (royal), sta sperimentando l’alberello da parete in quanto ha un comportamento più armonico. Non ama sfogliare né togliere grappoli e pratica potature corte e non drastiche.

Vendemmia, affinamento, evoluzione ed esperimenti in “casa” Amerighi

Anche in annate molto calde come la 2011 la vendemmia tende sempre ad essere fatta il più tardi possibile per raccogliere a completa maturità quando c’è il sapore (non usa rifrattometro).

La pigiatura avviene rigorosamente con i piedi.
Quando si pigia con i piedi buona parte dei chicchi rimane intera. Una parte del mosto fermenta classicamente e una parte invece fermenta come fosse in macerazione carbonica. Anche dopo 20 giorni il chicco è croccante, indurito dall’alcol, ricorda una ciliegia sotto spirito; la polpa è rossa e ha il sentore tipico della violetta.

A seconda delle annate viene deciso il tipo di vinificazione e il tipo di affinamento da attuare.
Da una vinificazione più classica e più breve come quella nel 2008, si va via via alla ricerca di una nuova visione che comincia veramente nel  2013, in cui una vendemmia facile grazie ad una primavera piovosa e ad un’estate favorevole, ha permesso tanti esperimenti, come l’aumento del tempo di permanenza sulle bucce, (che poi arriverà ai 50 giorni nel 2015) e l’utilizzo  del grappolo intero. 
Il cemento viene usato perché è inerte e ritarda la partenza della fermentazione, favorendo, prima dei saccaromiceti, ieviti da altre famiglie che nei primi giorni agiscono sulla parte aromatica (apiculati). Ama molto anche la terracotta e la ceramica, in quanto più traspiranti.

Stefano Amerighi ci dice che i vini evolvono più che a seconda dell’annata, a seconda delle primavere. Per non filtrarli e non stabilizzarli, onde imbottigliare senza nessun tipo di procedimento, gioca sulle temperature. Durante l’inverno la temperatura in cantina  deve scendere molto, andando anche a 5 gradi, allo scopo di far precipitare le parti solide, i tartrati, perché sedimentino. In primavera il vino deve capire la stagione che vive risvegliandosi, “muovendosi” prima dell’imbottgliamento. La stessa cosa deve succedere una volta messo il vino in bottiglia. 
Una parte che lo affascina molto è che il vino non debba, una volta aperto, diventare dopo qualche ora completamente amaro e smontato, ma che rimanga vibrante e si muova nel bicchiere.

Alla ricerca del fiore

Il pepe nero ed in particolare le spezie sono le note caratteristiche che di solito contraddistingono i vini a base syrah; tuttavia, frequentando molto il Rodano settentrionale, patria della syrah con i suoi pendii molto scoscesi in cui il fiume Rodano fa da specchio e dà a questo vitigno, molto sensibile alla luce, la sua maturazione ottimale, Stefano Amerighi ci dice come abbia notato come, mentre nella cote rotie la spezia è la caratteristica dominante, mano a mano che si scende verso sud, Condrieu, Sait Joseph, Cornas… la spezia lascia il posto al fiore. Ed è proprio la nota floreale che ricerca Amerighi nei suoi vini.

Alcune ottime ragioni per andarlo a trovare

Sono rimasta colpita quando Stefano Amerighi parlava della vendemmia, dicendoci: da noi si vendemmia solo la mattina. E mentre ci attendevamo spiegazioni del tipo “i raggi solari di mezzogiorno sono biodinamicamente alteranti” o tec simili, quando ci ha spiegato che a pranzo, su un grande tavolo, veniva preparato un luculliano pasto con faraone, conigli, anatre etc… e che dopo questo festino e dell’ottimo vino (ovvio, il suo) nessuno riusciva più a continuare a raccogliere grappoli, be’... credo che alla prossima vendemmia, ad ora di pranzo, avrà parecchi Fisariani in visita.

Note di degustazione:

Quattro le annate protagoniste della verticale del Cortona Syrah di Stefano Amerighi, 2013, 2011, 2010 e 2008, per scelta del produttore la degustazione si è sviluppata partendo dall'annata più giovane.

2013, l'annata in bottiglia da circa un anno ma non ancora in commercio, si presenta al naso con aromi primari e con un colore tendente al porpora, al momento appare chiaramente immatura e il tannino non è ancora ben integrato con il frutto. Al naso emergono note di frutta rossa fresca e il vino risulta contraddistinto da un’acidità in evidenza. Si intuisce tuttavia, abbastanza chiaramente, un ottimo potenziale evolutivo del vino, specchio fedele di un’annata molto importante per la Toscana.

2011, l’annata cromaticamente meno interessante del lotto, proveniente da una vendemmia estremamente calda il vino è già maturo, il colore è un rosso rubino quasi impenetrabile, al naso emergono note di prugna matura e confettura, la buona acidità consente al vino di mantenere un buon equilibrio. Pregevole interpretazione di un millesimo alquanto complicato per il vino toscano.

2010, l’annata migliore del lotto, vino in una fase ancora giovanile, con tannino di magistrale estrazione, il colore molto più scarico che nella vendemmia precedente, tradisce la scelta del produttore di aggiungere una piccola percentuale di uve bianche al blend finale. Al naso si susseguono tutta una serie di profumi di piccoli frutti rossi, rabarbaro e spezie che lo rendono complesso. Vino goloso e molto lungo, che invita il degustatore ad un nuovo sorso. Con qualche altro anno di bottiglia promette un’ulteriore evoluzione.

2008, una delle prime annate imbottigliate dal produttore, frutto della cantina del “Nonno” e di scelte produttive in un primo tempo orientate verso l’affinamento in legno (anziché in cemento come avviene attualmente), vino maturo con belle note di spezie in evidenza. 
Meno espressivo del 2010 ma comunque interessante, si tratta di una sorta di tappa intermedia nel percorso evolutivo del vinificatore.

Un ringraziamento a Simone Caini che ha organizzato l'evento e a Marco Romanelli per l'impeccabile servizio.

Nadia Padrin
Nadia Padrin

Wine trotter, ama scoprire il mondo e i suoi vini e pur di riuscire a comunicarli si è imparata qualche lingua straniera. Le altre le inventa.

facebook.com/nadiamadagascar

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